Vanadio23 è il brand di Andrea Semeghini, giovane artista made in Busto Arsizio, che nel 2017 ha dato vita ad un marchio dove la moda incontra il linguaggio delle arti figurative in un abbraccio inaspettato, partendo dall’idea di indossare fisicamente un’opera d’arte.
Il background di Andrea Semeghini è pieno d’esperienza: dall’arte, alla moda, passando per il cinema dove ha anche recitato per diversi film, tornando al primo e unico vero amore: la pittura. Nell’intervista qui sotto ci dice qualcosa di più.
Sul tuo sito si legge: Vanadio23 è un parcogiochi sperimentale dove la moda incontra l’arte in gioco. Spiegaci cosa vuoi dire.
Uh madonna, quel sito devo riaggiornarlo quindi tutto quello che vedi li lo considero vecchio.
Dunque possiamo dire che Vanadio23 è stato un parcogiochi sperimentale dove la moda incontra l’arte o lo è ancora?
Si, tutto sommato lo fa ancora poiché tutto parte da un base artistica, io stesso nasco pittore, in realtà tutto nasce perchè appiccicavo su giacche second hand i miei disegni e i miei dipinti.
Quanto c’è di Andrea Semeghini in Vanadio23?
C’è tutto perché io ho iniziato questo processo creativo prima con altri brand, e poi ad un certo punto mi sono chiesto perchè non lo facessi per me, indagando così sul mio lato personale e scegliendo di seguire una strada che mi piacesse, senza dover tener conto di nessuno, ma solo di quello che mi stimola. Prima per gli altri brand facevo disegni banali come il fiorato o tutte quelle cose leziose che non mi davano emozioni. Io amo dipingere i corpi, mi piacciono i nudi. Mi piace far ste cose qua, come si vede nelle ultime mie creazioni, che non sono delle vere e proprie collezioni, ma pezzi più semplici che rappresentano me e quel parcogiochi a cui hai fatto riferimento: Ok, il riferimento sessuale ma è funny, perchè comunque bisogna divertirsi.
Il nome Vanadio si riferisce all’elemento chimico legato all’acciaio, come mai hai scelto questo nome per il tuo brand?
Si, il nome Vanadio23 deve la sua origine al materiale utilizzato per gli strumenti di lavoro, richiamando l’ispirazione dell’abbigliamento da lavoro che ha impregnato la prima collezione e rappresenta ancora oggi il DNA del marchio. È un elemento chimico descritto nella tavola periodica dal simbolo V23, e di colore rosa; il nome deriva anche dalla dea scandinava della bellezza e della fertilità, Vanadis.
Alcuni dei tuoi capi sono pezzi unici, quanto è importante per te la tradizione e la tradizione del fatto a mano?
Credo che per risponderti debba dividere il discorso in prima e dopo. Prima ero molto legato alla tradizione: le giacche, ad esempio che prendevo ai mercatini, le facevo confezionare a mano da sarti che lavorano con Celine, Hermès e Vuitton poiché era di fondamentale importanza per me avere un pezzo che fosse perfetto. Oggi invece sto usando il jersey, dunque il mio approccio alla tradizione è momentaneamente messo da parte, perchè comunque ci tengo a scoprire e affrontare nuove sfide. Insomma, non vedo la tradizione come un valore assoluto, qualcosa di inossidabile da non poter toccare. Anzi, penso che la dissacrazione di quella tradizione possa essere l’unico modo per liberarsi di un fardello pesante e realizzare qualcosa di nuovo e innovativo.
Il sesso nella moda, purtroppo, è visto ancora come un taboo, mentre nelle tue collezioni è quasi un punto costante: quanto conta per te il sesso e la sessualità?
Nascendo come pittore e avendo focalizzato la mia attenzione sui corpi e dipinti di nudo direi che per me sono fondamentali: il sesso è il perno della mia creatività. Purtroppo, come hai detto tu, il sesso nella moda è visto malissimo, ma non solo nella moda anche sui social tipo Instagram.
A volte è come se si fosse tornati all’età del proibizionismo…
Si, proprio così: io vengo costantemente bannato da Instagram per via dei miei lavori e anche dall’esterno mi consigliano di non applicare troppo il sesso alle mie collezioni proprio perchè non è accettato.
E io che credevo che Tom Ford avesse fatto il lavoro per tutti..
Tom Ford ha aperto le strade, ma il percorso è ancora lungo e tortuoso ed è castrante tutte le volte dover edulcorare il messaggio primo che voglio mandare con i miei lavori.
A questo punto ti chiedo qual è il messaggio, se c’è, dietro le tue collezioni?
Nella mia ultima collezione, nata in pandemia, ma che non ha che fare con la pandemia, ho immaginato un ragazzo che, ritrovandosi solo per via dei problemi che tutti conosciamo, si ritrova da solo in casa e scopre il suo corpo giocandoci. Un ragazzo della generazione Z aperto e curioso nei confronti del mondo che ruba le esperienze del fratello e del padre che invece hanno vissuto gli anni ’80 e ’90, per questo ci sono riferimenti alla Playstation al gemboy etc..
Oltre che nel tuo e-commerce, dove è possibile comprare Vanadio23?
Bella domanda, visto che sono bannato everywhere al momento la mia collezione la puoi comprare scrivendomi in direct, prima della pandemia invece potevi trovare i miei pezzi da LuisaViaRoma e altri multibrand. Oggi però penso che vorrei vendere le mie collezioni solo ed esclusivamente attraverso i miei canali, che sia il sito o Instagram ma comunque voglio gestire tutto io.
Spostiamoci un secondo dal mondo moda: so che hai un piccolo passato nel Cinema, cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Ahahaha Oddio, ma come fai a saperlo? Pensavo non lo sapesse nessuno, mi imbarazza moltissimo! In realtà ho fatto l’attore per diversi anni facendo tante pubblicità, ho recitato anche in alcuni film. Vanadio nasce dal mio fallimento di attore.
Ti spiego: mi ero trasferito a Roma per fare l’attore e tra i vuoti incredibili e le attese lunghissime tra un provino e l’altro avevo trovato un lavoro come pittore presso una pellicceria romana ed è da li che tutto è partito, dipingendo su pelle.
A proposito di cinema, se Vanadio fosse un film quale sarebbe?
Bellissima domanda, grazie! Tu non lo sai ma io ho una laurea in storia del cinema quindi potrei non finire più di risponderti. Sicuramente i richiami più pasoliniani sarebbero perfetti.
E la colonna sonora della tua prima sfilata?
Woodkid mi piacerebbe moltissimo, oppure in memoria del club dove sono cresciuto, il Glitter, mi viene in mente Robyn. So che è un classico, un clichè, ma Robyn è Robyn.
Il tuo brand riduce la linea sottile che divide arte e moda, come vivi questa cosa?
Mi piacerebbe di più poter spaziare e poter dire che questa linea si assottigli sempre di più, in realtà per me sono molto divise poiché il capo è una cosa e la pittura è un’altra. Vorrei spaziare di più perchè mi interessano le costruzioni, le forme della moda in modo che l’arte s’immerga completamente. Oggi l’unica componente artistica dei miei capi è la pittura, poiché è inutile che ci giriamo intorno ma una tshirt resta comunque una tshirt, poi io ci dipingo sopra ma è tutto molto più complesso.
Pensi che il mondo della moda sia inclusivo? E se si, perchè?
Il mondo della moda sta sfruttando l’idea dell’inclusività che sia dei corpi o delle etnie ma sappiamo tutti che non è così. Niente è più classista e razzista del mondo della moda per una serie di motivi anche giustificabili legati alle taglie o a mille altre cose. Prima di pensare all’incisività la moda dovrebbe liberarsi del pregiudizio.